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lunedì 10 dicembre 2012

Prima neve a Bologna


Questo è un messaggio che ho pubblicato ieri su Facebook.

Oggi come un anno fa c'è di nuovo la neve a coprire il mio balcone. Se mi volto indietro di qualche mese, ripenso a quanto fossi sicuro che questo momento lo avrei condiviso con qualcuno... Tutta colpa di questa città! Quando è così bella, ti fa venire una malinconia assurda......”



Che posso dire? Bologna è davvero molto bella in questo periodo dell'anno... Oggi via Indipendenza era piana di gente: uno spettacolo!
Quest'estate, quando faceva un caldo boia (e chi è stato a Bologna in agosto sa di cosa parlo) mi capitava spesso di pensare a come sarebbero stati l'inverno, l'arrivo del Natale, i primi fiocchi di neve, insieme a lei... La stessa lei di cui sono ancora innamorato. Lei che non mi ha capito fino in fondo; lei che non ce l'ha fatta ad aspettare che mi riprendessi del tutto, lei che se ne è andata...

Stamattina mi sono fermato per qualche minuto a guardare la gente passare: ne osservavo i sorrisi, gli sguardi infreddoliti, perfino le preoccupazioni. Stamane mi sono sentito parecchio solo... Ed è strano perché io, fin da bambino, non ho mai avuto paura della solitudine! Così ho capito che la mia era solo mancanza... mancanza di un suo sorriso; mancanza di uno sguardo arrabbiato o infastidito; mancanza del suo grembiulino quando cucinava quelle cose buonissime... mancanza! Una mancanza che solo il tempo potrà attenuare.

Guardo alla mia vita e mi accorgo che è un po' meglio rispetto a qualche mese fa; finalmente sto superando la perdita di mio padre. Più che altro, ho capito in quali binari dovevo incanalare la mia sofferenza.
È stato un anno difficile questo qua, davvero difficile. Ho sofferto in un modo che non riesco neanche a spiegare, tanto è stato forte! Se lui avesse saputo che lo amavo tantissimo, se io glielo avessi detto, forse adesso starei un po' meno male; se lui avesse saputo che l'avevo perdonato per la sua assenza, forse adesso starei un po' meglio.
La sua voce mi manca da morire...

La sofferenza purtroppo è una brutta bestia! Ti fa agire in modo sbagliato, sconsiderato, stupido... Quando soffriamo tanto è come se smettessimo di essere veramente noi stessi. Neanche chi ci conosce da sempre riesce a riconoscerci: siamo persone diverse da quello che siamo in realtà. Viviamo la nostra vita come se avessimo un ferro da stiro sul collo e siamo incapaci di reagire...
Mi sentivo in colpa! Soffrivo per essermene andato dalla Sicilia e non essergli stato accanto negli ultimi mesi della sua vita. Ma che potevo fare? Quando si è ammalato ho avuto paura e mi sono sentito con le spalle al muro! Ho abbandonato la mia voglia di scrivere, i miei sogni e sono partito. Ho pensato solo alla mia carriera; una carriera che mi stavo costruendo poco a poco... Ma poi, quando lui se ne è andato, ho mollato tutto. Tutto maledizione! Il fatto di sentirmi così in colpa mi ha fatto fare cose che non avrei voluto; cose che, normalmente, non avrei fatto. Me ne sono fregato del lavoro, della mia vita, degli affetti, di tutto. È come se volevo punirmi per qualcosa! Ad un tratto, la carriera, la realizzazione personale, erano diventate cose di cui non mi fregava più nulla! Avevo perso gli ultimi mesi di vita di mio padre e, tutto il resto, in confronto, mi sembrava poca cosa...
Quanto mi sono sbagliato! Il dolore mi ha accecato; non mi ha fatto capire che non era colpa mia se avevamo perso un'intera vita per stare insieme... E in effetti, anche quando si è ammalato, io non ci pensavo al fatto che lui, in realtà, con me aveva passato troppo poco tempo rispetto al tempo che un padre passa con il proprio figlio... L'unica cosa che volevo era avere un po' più tempo da vivere insieme a lui; perché a me non fregava nulla di queste cose: io lo avevo perdonato. La vita è una: non m'importava del passato.
Infatti, l'unica cosa che riuscivo a dire in quei periodi (quando si è aggravato), era: “abbiamo perso il tempo... il tempo non ci è bastato...”. Se ci ripenso, ancora adesso, mi si stringe lo stomaco così forte che è come se sentissi dolore...
Ma, come stavo dicendo, il mio è stato un errore! E l'ho capito solo dopo molti mesi... Quando è successo? Durante una telefonata con mia madre in cui mi è accaduta una cosa che non mi capitava da molto tempo: ho pianto fino a che non ne avevo più... Dio quanto ho pianto quella sera! Ho buttato fuori le lacrime che avevo accumulato in tutti questi mesi e che non ero mai riuscito a tirar fuori... E adesso so che, se Jessica non mi avesse lasciato, probabilmente il vulcano che avevo dentro sarebbe rimasto lì, immobile, spento; il dolore condensato ed incapace di uscire fuori... Lei è stata (anche) la mia vera valvola di sfogo, o almeno lo è stata la tristezza che ho provato dovendole stare lontano... Anche se credo che la parte del leone, in questa storia, l'abbia avuta mia madre: se quella sera non avesse “toccato” i punti giusti, io sarei ancora qui a sentirmi sperduto, offeso, amareggiato, non capito, distrutto.
Questo ho provato quando mio padre se ne è andato: ero distrutto. Soprattutto perché questa volta se ne era andato per sempre... Dal gennaio dell'anno scorso, non c'è stato più il tempo per rimediare... Il tempo stavolta era finito davvero.
Come avrei voluto che così non fosse! Dio sa solo sa quanto...

Cosa ho imparato da tutto questo? Che non voglio più vivere una vita che non contempli i miei sogni. Avevo cominciato a fare un lavoro in cui ero diventato discretamente bravo ma che, sfortunatamente, non era il mio sogno. Io voglio scrivere, che ci devo fare? Il resto sono tutte cazzate! Ed io l'ho imparato dalla vita, così dannatamente imprevedibile, e da ciò che è successo a mio padre. Lui era un grande: era un bravissimo medico, era il medico sociale della squadra della mia città, era amato dalla gente e tutto il resto. Eppure è morto in malo modo: per quel maledetto diabete che aveva ha dovuto passare i suoi ultimi mesi in dialisi, cieco e con i piedi amputati. Quanto mi fa male questa cosa...

Perché allora penso ai miei sogni se parlo di queste cose?
Perché ho capito che è vero il fatto che la vita di ognuno di noi è appesa ad un filo: davvero oggi ci siamo e domani chi può dirlo? Per questo, prima di rituffarmi in un'ipotetica carriera lavorativa voglio provare a realizzare i miei sogni. Mi ero dato tre mesi e tre mesi sono stati. Ora sto per pubblicare il mio primo libro. Certo, so già che un libro di poesie in Italia non ha molto appeal per i lettori, però ho deciso che è da lì che volevo cominciare. Continuerò con i “lavoretti” che ho fatto fino ad oggi perché ora so che, ci riesco o non ci riesco, è questo che voglio.
Cosa vuoi che m'importi se da grande sarò ancora squattrinato come lo sono oggi? Almeno non avrò vissuto invano... Avrò cercato di realizzare i miei sogni. Anche se adesso, nella mia vita, è tutto così difficile...

Intanto la neve ha smesso di cadere qui nel cielo di Bologna. Da poco è passata l'una di notte, ma io voglia di dormire proprio non ne ho. Penso a Jessica. Penso a quello che poteva essere e invece non è. Penso al mio libro, che non so se piacerà a quelli che lo leggeranno. Penso al mio amico (fratello) Marco che adesso ha un altro bambino. Penso a mia madre che soffre tanto che questo Natale non torno in Sicilia (se solo sapesse quanto le voglio bene...). Penso a me che, non so che darei, per passare questo Natale giù in Sicilia.
E poi penso a te, che non ci sei più...


1 commento:

Unknown ha detto...

Carissimo, ho letto tutto il tuo blog e sono rimasto piacevolmente basito dal post su tuo padre. Fantastico! Mi ha colpito molto. Io sto per perdere mia madre e le sensazioni sono le stesse.Sei su FB se vuoi contattami a Gianni Gualmini - Imola e staremo in contatto. Sto approntando un blog mio. Ciao è stato vero piacere!