Questo
è un messaggio che ho pubblicato ieri su Facebook.
“Oggi
come un anno fa c'è di nuovo la neve a coprire il mio balcone. Se mi
volto indietro di qualche mese, ripenso a quanto fossi sicuro che
questo momento lo avrei condiviso con qualcuno... Tutta colpa di
questa città! Quando è così bella, ti fa venire una malinconia
assurda......”
Che
posso dire? Bologna è davvero molto bella in questo periodo
dell'anno... Oggi via Indipendenza era piana di gente: uno
spettacolo!
Quest'estate,
quando faceva un caldo boia (e chi è stato a Bologna in agosto sa di
cosa parlo) mi capitava spesso di pensare a come sarebbero stati
l'inverno, l'arrivo del Natale, i primi fiocchi di neve, insieme a
lei... La stessa lei di cui sono ancora innamorato. Lei che non
mi ha capito fino in fondo; lei che non ce l'ha fatta ad aspettare
che mi riprendessi del tutto, lei che se ne è andata...
Stamattina
mi sono fermato per qualche minuto a guardare la gente passare: ne
osservavo i sorrisi, gli sguardi infreddoliti, perfino le
preoccupazioni. Stamane mi sono sentito parecchio solo... Ed è
strano perché io, fin da bambino, non ho mai avuto paura della
solitudine! Così ho capito che la mia era solo mancanza... mancanza
di un suo sorriso; mancanza di uno sguardo arrabbiato o infastidito;
mancanza del suo grembiulino quando cucinava quelle cose
buonissime... mancanza! Una mancanza che solo il tempo potrà
attenuare.
Guardo
alla mia vita e mi accorgo che è un po' meglio rispetto a qualche
mese fa; finalmente sto superando la perdita di mio padre. Più che
altro, ho capito in quali binari dovevo incanalare la mia sofferenza.
È
stato un anno difficile questo qua, davvero difficile. Ho sofferto in
un modo che non riesco neanche a spiegare, tanto è stato forte! Se
lui avesse saputo che lo amavo tantissimo, se io glielo avessi detto,
forse adesso starei un po' meno male; se lui avesse saputo che
l'avevo perdonato per la sua assenza, forse adesso starei un po'
meglio.
La sua voce mi manca da morire...
La sua voce mi manca da morire...
La
sofferenza purtroppo è una brutta bestia! Ti fa agire in modo
sbagliato, sconsiderato, stupido... Quando soffriamo tanto è come se
smettessimo di essere veramente noi stessi. Neanche chi ci conosce da
sempre riesce a riconoscerci: siamo persone diverse da quello che
siamo in realtà. Viviamo la nostra vita come se avessimo un ferro da
stiro sul collo e siamo incapaci di reagire...
Mi
sentivo in colpa! Soffrivo per essermene andato dalla Sicilia e non
essergli stato accanto negli ultimi mesi della sua vita. Ma che
potevo fare? Quando si è ammalato ho avuto paura e mi sono sentito
con le spalle al muro! Ho abbandonato la mia voglia di scrivere, i
miei sogni e sono partito. Ho pensato solo alla mia carriera; una
carriera che mi stavo costruendo poco a poco... Ma poi, quando lui se
ne è andato, ho mollato tutto. Tutto maledizione! Il fatto di
sentirmi così in colpa mi ha fatto fare cose che non avrei voluto;
cose che, normalmente, non avrei fatto. Me ne sono fregato del
lavoro, della mia vita, degli affetti, di tutto. È come se volevo
punirmi per qualcosa! Ad un tratto, la carriera, la realizzazione
personale, erano diventate cose di cui non mi fregava più nulla!
Avevo perso gli ultimi mesi di vita di mio padre e, tutto il resto,
in confronto, mi sembrava poca cosa...
Quanto
mi sono sbagliato! Il dolore mi ha accecato; non mi ha fatto capire
che non era colpa mia se avevamo perso un'intera vita per stare
insieme... E in effetti, anche quando si è ammalato, io non ci
pensavo al fatto che lui, in realtà, con me aveva passato troppo
poco tempo rispetto al tempo che un padre passa con il proprio
figlio... L'unica cosa che volevo era avere un po' più tempo da
vivere insieme a lui; perché a me non fregava nulla di queste cose:
io lo avevo perdonato. La vita è una: non m'importava del passato.
Infatti,
l'unica cosa che riuscivo a dire in quei periodi (quando si è
aggravato), era: “abbiamo perso il tempo... il tempo non ci è
bastato...”. Se ci ripenso, ancora adesso, mi si stringe lo stomaco
così forte che è come se sentissi dolore...
Ma,
come stavo dicendo, il mio è stato un errore! E l'ho capito solo
dopo molti mesi... Quando è successo? Durante una telefonata con mia
madre in cui mi è accaduta una cosa che non mi capitava da molto
tempo: ho pianto fino a che non ne avevo più... Dio quanto ho pianto quella sera! Ho buttato fuori le
lacrime che avevo accumulato in tutti questi mesi e che non ero mai riuscito a tirar fuori... E adesso so che, se Jessica non
mi avesse lasciato, probabilmente il vulcano che avevo dentro sarebbe
rimasto lì, immobile, spento; il dolore condensato ed incapace di
uscire fuori... Lei è stata (anche) la mia vera valvola di sfogo, o
almeno lo è stata la tristezza che ho provato dovendole stare
lontano... Anche se credo che la parte del leone, in questa storia, l'abbia
avuta mia madre: se quella sera non avesse “toccato” i punti
giusti, io sarei ancora qui a sentirmi
sperduto, offeso, amareggiato, non capito, distrutto.
Questo
ho provato quando mio padre se ne è andato: ero distrutto.
Soprattutto perché questa volta se ne era andato per sempre... Dal
gennaio dell'anno scorso, non c'è stato più il tempo per
rimediare... Il tempo stavolta era finito davvero.
Come
avrei voluto che così non fosse! Dio sa solo sa quanto...
Cosa
ho imparato da tutto questo? Che non voglio più vivere una vita che
non contempli i miei sogni. Avevo cominciato a fare un lavoro in cui
ero diventato discretamente bravo ma che, sfortunatamente, non era il
mio sogno. Io voglio scrivere, che ci devo fare? Il resto sono tutte
cazzate! Ed io l'ho imparato dalla vita, così dannatamente
imprevedibile, e da ciò che è successo a mio padre. Lui era un
grande: era un bravissimo medico, era il medico sociale della squadra
della mia città, era amato dalla gente e tutto il resto. Eppure è
morto in malo modo: per quel maledetto diabete che aveva ha dovuto
passare i suoi ultimi mesi in dialisi, cieco e con i piedi amputati.
Quanto mi fa male questa cosa...
Perché
allora penso ai miei sogni se parlo di queste cose?
Perché
ho capito che è vero il fatto che la vita di ognuno di noi è appesa
ad un filo: davvero oggi ci siamo e domani chi può dirlo? Per
questo, prima di rituffarmi in un'ipotetica carriera lavorativa
voglio provare a realizzare i miei sogni. Mi ero dato tre mesi e tre
mesi sono stati. Ora sto per pubblicare il mio primo libro. Certo, so
già che un libro di poesie in Italia non ha molto appeal per i
lettori, però ho deciso che è da lì che volevo cominciare.
Continuerò con i “lavoretti” che ho fatto fino ad oggi perché
ora so che, ci riesco o non ci riesco, è questo che voglio.
Cosa
vuoi che m'importi se da grande sarò ancora squattrinato come lo
sono oggi? Almeno non avrò vissuto invano... Avrò cercato di
realizzare i miei sogni. Anche se adesso, nella mia vita, è tutto
così difficile...
Intanto
la neve ha smesso di cadere qui nel cielo di Bologna. Da poco è passata l'una di notte, ma io voglia di dormire proprio non ne ho.
Penso a Jessica. Penso a quello che poteva essere e invece non è.
Penso al mio libro, che non so se piacerà a quelli che lo
leggeranno. Penso al mio amico (fratello) Marco che adesso ha un
altro bambino. Penso a mia madre che soffre tanto che questo
Natale non torno in Sicilia (se solo sapesse quanto le voglio
bene...). Penso a me che, non so che darei, per passare questo Natale giù in Sicilia.
E poi penso a te, che non ci sei più...
E poi penso a te, che non ci sei più...
1 commento:
Carissimo, ho letto tutto il tuo blog e sono rimasto piacevolmente basito dal post su tuo padre. Fantastico! Mi ha colpito molto. Io sto per perdere mia madre e le sensazioni sono le stesse.Sei su FB se vuoi contattami a Gianni Gualmini - Imola e staremo in contatto. Sto approntando un blog mio. Ciao è stato vero piacere!
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